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L’ingorgo del tempo

(2 recensioni dei clienti)

Il prezzo originale era: 16,00 €.Il prezzo attuale è: 15,20 €.

NIMz

Genere: Racconto

SCONTATO DEL 5%. AGGIUNGI AL CARRELLO

pp. 120| 13×20 cm | maggio 2024 | 979-12-81832-06-0

L’immagine in copertina è di Domenico Sabato – Prefazione di Giovanna Fileccia

Descrizione

Il piccolo Turiddu è costretto a fuggire dalla Sicilia, lasciando il nonno Cosimo, la casa sulla collina e i filari di Salici. A nord, dalla zia Mariuccia, vive un’infanzia difficile ma serena con gli amici del cortile. Il desiderio di successo e l’ambizione trasformano il piccolo in Don Salvatore, queste due identità in conflitto, dopo un incidente all’amico Ciro, permetteranno a Turiddu di riprendersi la scena. Un vecchio gentiluomo, Mr. Clock, sarà l’occasione per fare giustizia per sé e per suo padre.

“L’Ingorgo del tempo è un racconto nel quale lo scollamento della personalità è emblematico e rappresenta un groviglio da sciogliere. Non è facile affrontate il tema della doppiezza, eppure NIMz è riuscito a rendere il concetto della dualità accessibile, savio e, in un certo senso, leggero.” Dalla prefazione di Giovanna Fileccia

 

AUTORE
Ignazio Mario Nardone nasce a Montemiletto in provincia di Avellino il 2 settembre del 1960. Figlio del sud vive la sua gioventù lontano dalla propria terra. La passione per la politica e i diritti civili ne formano il carattere. Ritorna dopo il novembre dell’80 nella sua Irpinia sconvolta dal terremoto. Da sempre ha la passione per la lettura e la poesia, è così che irrompe nella sua vita NIMz come proiezione della sua anima. Con la Jack Edizioni, 2023, ha pubblicato la raccolta poetica In mezzo al guado con prefazione di Giovanna Fileccia.

2 recensioni per L’ingorgo del tempo

  1. Edizioni L’Arca di Noè

    L’INGORGO DEL TEMPO

    Il titolo è curioso, così come lo pseudonimo dell’autore, NIMz! Insomma, tutto invita a leggerlo, a capire cosa intenda dire questo scrittore di Montemiletto (Avellino) alla sua prima esperienza narrativa.
    Già conoscevo la sua bravura di poeta, avevo letto la sua raccolta di poesie “IN MEZZO AL GUADO”, vi avevo trovato interessanti spunti di riflessione e sono certa quindi che anche questa lettura non mi deluderà.
    Comincio così a leggerlo e già sin dalle prime pagine mi chiedo cosa abbia spinto un campano a parlare della Sicilia. Forse l’amore per questa terra? Perché leggendo scopro che egli la conosce!
    La storia è lì ambientata ed è ricca di riferimenti a tradizioni, modi di dire, modi di essere comportamentali di un popolo che io conosco bene essendo siciliana. Perciò la lettura mi coinvolge e con presunzione cerco di individuare un passo falso, qualcosa che non vada, ma non ne trovo e questo mi rallegra perché desidero che della Sicilia si dicano solo verità, belle o brutte non importa ma che siano vere. E la storia sembra vera, Turiddu o Salvatore, il protagonista, ci porta dentro a fatti che potrebbero accadere a ognuno di noi…
    Non vi parlerò della trama per non togliervi il piacere della scoperta, ma voglio in due parole dire cosa ho provato: la sensazione di non essere me stessa, di essere spesso ciò che il contesto sociale impone e questo, penso, sia il messaggio che Ignazio M. Nardone ci vuole dare, ci vuole spronare a trovare il coraggio di accettare quello che siamo senza fingimenti che servono solo a disturbare il nostro IO più profondo: quello su cui psicologi e psichiatri da Freud a Jung hanno lavorato intensamente.
    Un racconto che ci porta a riflettere sulla dualità della persona così come ha ben accennato la prefatrice Giovanna Fileccia, ma anche lo stesso autore ci invita ad approfondire questo punto: “Spero attraverso loro di essere riuscito a descrivere la complessità del genere umano dove il confine tra il bene e il male è sempre costellato di dubbi e certezze”.
    Chi siamo? Cosa vogliamo veramente? È così importante soddisfare le aspettative altrui per martirizzare continuamente la nostra anima? Io ho trovato la mia risposta, spero lo facciate anche voi attraverso la lettura di questo bel racconto.

    Mimma Raspanti 31/07/2024

  2. Edizioni L’Arca di Noè

    L’INGORGO DEL TEMPO DI NIMz

    Il romanzo merita di essere letto almeno due volte.
    La prima lettura serve a lasciarsi trasportare dalla trama e ad appassionarsi ai suoi eventi.
    La seconda, invece, aiuta ad esplorare e comprendere le sfumature nascoste e a coglierle appieno.
    Il romanzo stesso incarna nelle sue pagine Salvatore e Turiddu: e proprio come sotto le sovrastrutture che hanno dato vita a Salvatore vive sempre Turiddu, così, sotto la storia appassionante che cattura il lettore, si nascondono significati più profondi che giacciono tra le righe in attesa di essere portate alla luce.
    Il romanzo parla di tutti noi: dentro ogni persona non si trovano soltanto la versione bambina e quella adulta, la parte buona e quella “incattivita” dalle difficoltà della vita, ma convivono molte altre versioni, sedimentate nell’animo da chi ci è stato e ci è vicino. In noi vivono nostro padre, nostra madre, i nostri nonni, i nostri zii che, man mano che cresciamo, si trasformano in voci, riflessioni, stili di vita.
    Come lo stesso Salvatore ci spiega, ritirarsi nella propria stanza e “riposare” spesso non è possibile: i pensieri rimbombano, le parole e gli sguardi che hanno cercato di guidarci nella vita continuano a vivere dentro di noi. Parte integrante del nostro essere, a volte sono difficili da affrontare e ancora più ardui da accettare come dice Salvatore quando parla di dover “affrontare” nonno Cosimo.
    L’espressione “E di quella parte di me che aveva già dimostrato di conoscere meglio gli uomini”, mi fa pensare a quella parte di ciascuno di noi che, dopo essere stata delusa dai comportamenti altrui, cerca ancora di credere negli altri. Tuttavia, finiamo spesso per ricadere nelle illusioni e nelle trappole degli ideali, senza imparare ad accettarli per ciò che sono e accettare anche noi stessi, senza vergogna e senza paura, come fa il protagonista, che accetta sé stesso sia come Salvatore che come Turiddu
    Mi ha colpito che la spiegazione del “silenzio” della gente (la paura per i propri cari e per sé stessi) non trova alcuna giustificazione.
    Come non c’è giustificazione nella trasformazione di Turidu in “don Salvatore”. Ne spiega il motivo: il dolore, la paura e la smania di possesso e potere che hanno portato il protagonista a manifestare il suo lato peggiore fino ad assumere le sembianze di ciò che più detestava. Ma la sua trasformazione non è giustificata proprio perché Turiddu, nonostante la perdita del padre e ancor più la separazione dal nonno (vera figura paterna per lui), ha avuto la fortuna di trovare una “culla”: il cortile, luogo di rinascita e protezione. Qui è cresciuto, circondato da figure positive come zia Mariuccia, sua madre, Stalin e gli amici della piramide. Ma nonostante questo finisce per diventare Salvatore.
    Ho apprezzato l’uso sapiente delle parole e del linguaggio, e la costruzione di frasi e periodi fatta con grande cura. C’è una minuziosa attenzione ai messaggi che il romanzo comunica. In un’epoca in cui spesso si scrive per attirare l’attenzione o per farsi notare, l’ingorgo del tempo ci riporta ad un’epoca in cui l’obiettivo principale di un autore era far emergere la propria anima e condividere ciò che egli stesso aveva appreso.
    Nella narrazione scorgo non solo la mafia siciliana che potrebbe anche essere camorra, ma un comportamento ben più ampio: l’arroganza che appartiene non solo al Sud, ma all’uomo in generale da un lato e la sottomissione a questa arroganza che diventa una schiavitù che riguarda tutti, ovunque nel mondo. “Quando si è prigionieri di se stessi e delle proprie abitudini, si finisce per sostituire un padrone con un altro.”
    Infine, apprezzo il chiaro messaggio che non è mai troppo tardi per tornare ad apprezzare le piccole cose. Inquinati come siamo, tendiamo a credere che la bellezza risieda solo negli oggetti materiali – come le auto di lusso o i beni preziosi tanto amati da Salvatore. Tuttavia, se riuscissimo a disintossicarci, potremmo purificare il nostro sguardo e riscoprire la vera bellezza (il saluto di un anziano, il sorriso di un bambino).

    MANUELA MIGNEMI

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